Cinquanta anni di guerre
La ripresa artistica nel Cinquecento

Chieri tornò al Piemonte nel 1562. Con disappunto dei Chieresi la politica di Emanuele Filiberto ne ridimensionò i privilegi medioevali e la giurisdizione. In compenso, le sue misure protezionistiche diedero una forte spinta all’industria tessile e a tutta l’economia chierese.

1. Emanuele Filiberto

Rientrato in possesso dei propri territori, il duca Emanuele Filiberto I di Savoia attuò una serie di riforme radicali riordinando le finanze, la giustizia, l’economia e l’esercito.

Fu il duca che più di ogni altro influì sulla futura politica sabauda, riuscendo a porre fine alla miseria di un ducato che, per oltre un ventennio, era stato sempre asservito alla corona di Parigi, attraversato dalle truppe franco – spagnole e devastato dalle continue guerre. Compreso che non si poteva più mirare alla Francia come terreno di conquista, spostò il baricentro dello Stato in Piemonte, e la capitale passò a Torino, che rese meglio difendibile promuovendo la costruzione di un complesso sistema di fortificazione, detto Cittadella, che ancora oggi si può osservare, sebbene in gran parte demolito dalla successiva espansione della città. Fu dunque questi il primo duca di Savoia a creare un apparato militare stabile formato non da mercenari, ma da soldati piemontesi addestrati appositamente.

https://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Savoia#XVI_secolo 

2. Popolazione e lavoro

Nonostante il calo demografico avutosi nella prima metà del Cinquecento “nel 1578, da una consegna di bocche decretata per la levata del sale, risulta che 7728 persone erano censite come viventi entro le mura, 2647 nei castelli e nelle cascine dell’immediato contado. Intorno alla quota delle diecimila unità oscilleranno anche i consegnamenti successivi: 9972 persone nel 1610, 10.710 nel ’14, fino alla tremenda peste del 1630-31 da cui Chieri uscì decimata e incapace di ricostruire le proprie strutture demografiche”.

(L. ALLEGRA, 1987, p. 21)

Abitanti di Chieri nel XVI secolo

Anno Abitanti
1473 6500
1515 10000
1530 2512
1553 6590
1571 9511
1578 10467
1610 9972
1614 9740

 

Abitanti dei paesi del mandamento di Chieri nell’anno 1578

Nota. Il mandamento è la circoscrizione amministrativa che raggruppava i paesi su cui Chieri esercitava la propria (limitata) giurisdizione. I dati sono tratti dalle Consegne del grano, art. 100 in ASCC.

Paese Abitanti
Pecetto 1368
Cambiano 1078
Revigliasco 898
Andezeno 833
Marentino 680
Mombello 478
Moriondo 420
Avuglione 292
Vernone 262

 

2.1. Un’agro-town dedita all’artigianato tessile

La ripartizione dei terreni coltivati era – nel Cinquecento – molto equilibrata: un terzo di arativo puro, un altro terzo di alteno (cereali e viti), un terzo di prati e boschi; molto frammentata risultava la proprietà: in media solo due o tre giornate per contadino.

L’estrema polverizzazione delle pezze, quale appare dal catasto del 1578, indica un dato incontrovertibile: a Chieri quasi ogni famiglia possiede un fazzoletto di terra ma ben pochi possono essere considerati contadini a tutti gli effetti. Nessuno, cioè, può vivere esclusivamente con i prodotti dei campi che coltiva: la terra offre un reddito complementare che va comunque integrato altrimenti (…). Eccettuati i massari, i vignaioli, gli ortolani, i medi e i grandi proprietari, i chieresi impiegano solo una parte del loro tempo lavorativo nei campi; la quota rimanente è dedicata ad altre risorse, e principalmente all’artigianato tessile che costituisce l’ossatura dell’economia cittadina. La campagna perciò non può fornire grandi rese, tranne in quelle estensioni di terra coperte dalle masserie (…). Un’agricoltura per l’autoconsumo, con un’eccedenza molto limitata di beni: oltre ai prodotti di orti e giardini, infatti, verso Torino veniva indirizzata soltanto una modesta quantità di vino, insieme con il surplus di vino e di gualdo, un vegetale usato nella tintura di fibre tessili.

(L. ALLEGRA, 1985, p. 41)

La produzione di cereali e legumi nell’anno 1578

(da ASCC, art. 100, vol. 3, Consegne del grano per 10467 bocche)

Coltivazione Numero di sacchi
Grano 23438
Farina 1418
Fave 2848
Legumi 394
Avena 958
Segale 222
Melia 81
Miglio 55
Orzo 5
Riso 4
Castagne 6

 

2.2. Il vigneto di San Benedetto

Sul luogo dell’odierno Ospedale Maggiore di Chieri esisteva, fino all’inizio del Settecento, un antico convento di monaci benedettini che era stato istituito verosimilmente verso l’anno 1150. Era una piccola comunità di due frati che tenevano i conti del Comune di Chieri. Tra i circa 300 volumi da loro compilati in 600 anni di onorato servizio, ce n’è uno anomalo ove l’autore, frate Giovanni Dodoli, non riporta la contabilità del Comune, bensì quella del suo convento. I conti, dettagliatissimi, occupano 240 pagine manoscritte e si riferiscono ad un periodo di 12 anni, dal 1524 al 1536. Ci sono le spese fatte per il barbiere (barbitonsor), per il farmacista (aromatarius), per l’acquisto di vestiti e di scarpe… e le entrate della vendita di frumento e, soprattutto, di vino.

Tra i beni posseduti dal convento c’erano infatti tre vigneti di cui uno si trovava in Goano, regione che i catasti collocano tra la strada per Baldissero, quella del Serro (Cervo) e quella per Canarone (str. della Rosa). Era un territorio importante per la coltivazione della vite tanto che nel punto più elevato c’era una torretta per la sorveglianza (biçoca Goani) e in basso, nella valle del Boirone, sul posto della cascina Scarella, si trovava una qualche struttura fortificata, il castrum Goani.

I frati non si occupavano personalmente della coltivazione della vite, ma affidavano i lavori a due salariati, Marchetus de Castagno e Iacòbus Groxi che, in taluni periodi dell’anno e per i lavori più faticosi o più specialistici, si facevano aiutare da due o tre manovali che avevano il compito di sapare, sostituire pallos et ramas, stercorare (concimare), plantare resum, povare. I lavori meno impegnativi, ossia pro coligendo sarmenta, scaracios, faxinas (raccolta di ramaglie), pro sarzolando (diradare i pampini), pro foglando (sfoltire il fogliame), raccogliere la biada tra i filari e vendemmiare, erano compito di Iohanina, di Anna e della sua figliola. Per i trasporti (conducere somatas, caratas) i frati interpellavano l’affittuario (collonus) Domenico Balbiano di Andezeno o il massarius Giacomo di Vajors (Vallero). Ad arare ci pensava il colono della famiglia Dodoli che era pagato 13 fiorini e 6 grossi l’anno (meno di quanto costava un sacco di grano!). Il manovale guadagnava 6 grossi al giorno; le vendemmiatrici solo 2. Ciascun trasporto con il carro costava 3 grossi.

Le viti di Goano producevano uve nigre, mentre quelle di Montariolo e di Vallero uve nere e bianche. Il raccolto era più che sufficiente per le necessità dei monaci di San Benedetto. Il vino in eccedenza era venduto al minuto. Nel 1536, da giugno a settembre, ne fu venduto per più di 120 fiorini (foto qui sotto). Talvolta il vino prodotto a Chieri era trasferito nella cantina della casa madre, l’abbazia di Casanova.

Frate Giovanni era solito acquistare in paesi vicini a Chieri uve di qualità ottima. Egli nomina quelle nere e moscatelle di Albugnano, quelle bianche di Sciolze e di Marentino, le bianche e nere di Moriondo.

In alcune casi egli si riforniva di vino pregiato. Il 20 ottobre 1544 comperò pro monacis Cassenove, per i confratelli di Casanova, 4 sestari di vino proveniente da una cantina di Berzano (circa 170 litri) che pagò 6 fiorini, e 12 sestari (500 litri) da un rivenditore di Vergnano per  18 fiorini. Alla spesa aggiunse il costo della pesatura, 4 grossi.

Tra i filari della vigna di Goano si coltivava il grano. Nell’anno 1527 se ne fecero in tutto 14 fasci (burle) che furono “trebbiati” (battiterunt) il 19, 20 e 23 luglio. La resa fu di 27 mine. In quegli stessi giorni Giovanni Dodoli annota i trasporti di grano al mulino e scrive di aver cominciato a manducare panem novum.

Il grano del monastero che era in eccedenza (sei sacchi) fu venduto il 27 febbraio al prezzo di 20 fiorini il sacco alla signora Maria Dodoli.

Dall’analisi della conduzione dell’appezzamento di Goano risulta che la parte coltivata a grano era sottoposta a un contratto atipico di masseria: al contadino, che utilizza propri buoi e sementi, spettava il 60 % del raccolto; la parte vineata era invece lavorata da salariati a giornata. I contratti di masseria a Chieri trovano ampio riscontro nella metà de Cinquecento. Ne possediamo una documentazione esaustiva nei protocolli del notaio Sereno degli ultimi decenni del secolo.

(F. FERRUA, Il vigneto di San Benedetto, in La cappella delle vigne, Chieri, 2010, p. 22)

2.3. Mercanti e artigiani

Ecco l’elenco di quanti furono costretti ad “imprestare” denaro al governatore francese “secondo l’estimo delli trafighi et negotiationi d’essi marcanti et artiste”. Ne sono esclusi i professionisti e i proprietari terrieri.

  • Affaytori ai corami (= cuoiai) num. 4
  • Armureri et Spaderi 6
  • Banchieri et negotiatori di danaro 5, imponibile 125 scudi (v. ALLEGRA L., 1987, p. 14, p. 64)
  • Barberi 9
  • Basteri 2
  • Bechari (= macellai) 11
  • Boscharoli 12
  • Calieri cioè scarperi 20
  • Dorieri (= orefici) 3
  • Draperi 17, imponibile di 256 scudi
  • Ferreri 7
  • Fornai 7
  • Fustaneri et cottoneri 40, imponibile 190 scudi
  • Hebrei (= tenenti banchi) 2, imponibile 40 scudi     (v. ALLEGRA L., 1987, p. 71 sgg.)
  • Hosti 28
  • Marcieri (= mercanti merciai) 37, imponibile 382 scudi
  • Marescalchi 6
  • Meistri di boscho 22
  • Menusieri 9
  • Molineri 14
  • Monateri (?) 6
  • Mullatieri 24, imponibile 27 scudi
  • Muratori 8
  • Ortolani 30
  • Panateri 24
  • Pasticeri e corriori (?) 4
  • Payroleri 2
  • Peliceri 11
  • Polveristi (fabbricanti di polvere da sparo) 2
  • Retagliori (= negozianti rivenditori di beni alimentari al minuto) 53, imponibile 99 scudi
  • Rivenditori di piaza 13
  • Sarraglieri 6
  • Sartori 20
  • Selleri 2
  • Spetiari 18, imponibile 130 scudi
  • Stagnineri 1
  • Svioloni (= violinisti) 4
  • Tessiori di tella e lana 14, imponibile 4 scudi
  • Triperi 2
  • Tupineri (= vasai) 3
  • Vinateri al minuto 11
  • Zaneri (= lavoratore di denti di animali e stecche di balena) 2
  • Zavatini 14 = (ciabattini?)

2.4. La tessitura

Attraverso una paziente indagine condotta sui registri del dazio della città di Chieri, dove venivano registrate le balle di materia grezza in entrata e quelle di prodotto finito in uscita, si ottiene una quota di 50-60.000 pezze: ciò comporta un numero di tessitori presumibilmente compreso fra le 1500 e 1800 unità. Viste le dimensioni demografiche della cittadina, si trattava di una quota straordinaria: il settore cotoniero giungeva ad assorbire ben più della metà della forza-lavoro urbana. (…) Nei ruoli di tassazione di metà Cinquecento i mercanti, ripartiti nelle categorie dei drappieri, dei merciai e dei fustanieri veri e propri, raggiungono totali oscillanti fra 80 e 100 unità.

(L. ALLEGRA, 1996, p. 46)

L’elemento di maggiore spicco nello spettro professionale della città è la presenza dominante del settore tessile, un ramo produttivo che rappresentava il motore trainante dell’economia chierese. La grande quantità di persone impiegate nei diversi settori di lavorazione del fustagno è indicatore molto eloquente delle vocazioni economiche di Chieri. Il panno di cotone che vi si tesseva era infatti un prodotto destinato in larga parte al mercato esterno, veniva commercializzato sulle piazze più importanti d’Europa, legava la città a un circuito di scambio internazionale. Verso le fiere di Lione carovane di mulattieri chieresi dirigevano di continuo il loro carico, prezioso solo per il lavoro che incorporava: bene di largo consumo, non certo di lusso, i fustagni della città erano tuttavia apprezzati dal mercato francese.

(L. ALLEGRA, 1987, p. 102)

Nell’elenco dei 38 fustanieri che pagarono la taglia nell’anno 1562 emergono Gaspare e Giovanni Pietro Robbio (70 lire di imponibile), Tommaso Roglia (20 lire) e Francesco Barge (10 lire).

È questa forse [Robbio] la più potente famiglia di industriali tessili chieresi, sia per giro d’affari, sia per la loro intraprendenza (i Robio erano importatori diretti del cotone dai mercati stranieri), sia per la produzione di tessuti, sia per la loro ingerenza e supremazia nella vita corporativa, così da costituire negli ultimi decenni del Cinquecento il gruppo di punta del mercato cotoniero chierese. I Robio seppero approfittare anche della politica di Emanuele Filiberto favorevole al sorgere ed allo svilupparsi delle industrie nel suo ducato facendosi confermare nel 1565 speciali privilegi per la fabbrica dei fustagni in Chieri e per l’uso di marchi particolari.

(A.M. NADA PATRONE, 1966, pp. 172-174)

2.5. Le concessioni di Emanuele Filiberto

Ad attuare le riforme ideate da Emanuele Filiberto occorreva gran copia di danaro, che il Duca si procurò ricorrendo a gravose imposizioni (…). Ed urgendo il bisogno di danaro, egli si appigliò al sistema dei dazi. Estese dapprima ed aggravò il pedaggio detto di Susa, lungo tutta la frontiera per le merci che venivano dalla Francia o passavano oltre i monti, che chiamò tratta foranea.

Dall’anno 1562 al 1578, esiste nell’archivio municipale di Chieri una serie di memoriali a capi, con cui il Consiglio del Comune supplica il Principe di attutire alquanto ai chieresi questa pressione fiscale (…).

Volendo dare il Duca un segno di benevolenza alla città di Chieri, che una quindicina di giorni prima (26 novembre 1562) gli aveva giurato fedeltà, l’undici dicembre successivo, degnavasi di confermarle quasi tutti gli antichi privilegi contenuti nel Patto della sua dedizione a Casa Savoia (1347).

(B. VALIMBERTI, 1928, p. 24)

L’esenzione dal pagamento della tratta foranea (pedaggio per le mercanzie dirette all’estero e in particolare a Lione) era stata oggetto di supplica al Sovrano, da parte del Comune e dei fustanieri chieresi, perché i dazieri di Nizza. Susa e Chivasso creavano continuamente ostacoli e difficoltà ai mercanti chieresi per la applicazione della nuova tassa, allorquando trasferivano i loro prodotti di fustagno oltre la frontiera piemontese e in particolare a Lione. Emanuele Filiberto, con lettere patenti del 15 agosto 1566 e con successive lettere del 2 e del 13 maggio 1570 disponeva che la comunità e gli uomini di Chieri “… siano esenti e liberi dal pagamento della tratta foranea per il fustagno et il bombace e aggiungeva: mandiamo a tutti i nostri Ministri, Officiali, Vassalli e massime esattori di detta tratta e altri ai quali spetta et le presenti lettere perverranno et le facciano osservare sotto pena e at arbitrio nostro riservata.

(M. BIJNO, M. MORO, 1996, p. 66)

Non bisogna dimenticare che come centro cotoniero Chieri aveva una importanza economica eccezionale e la forza dell’Università del Fustagno era in grado di ottenere privilegi che, tutto sommato, finivano per convertirsi in vantaggi per lo Stato. In questo senso si spiegano le esenzioni, i favori, le riduzioni fiscali, i privilegi insomma, di cui nonostante la forza accentratrice e la pesante pressione fiscale dello Stato sabaudo, Chieri continuò a godere, anche dopo la rifondazione operata da Emanuele Filiberto.

(G. CAMPORESE, 1982, p. 283)

Nella seguente galleria di immagini: documenti conservati nell’Archivio Storico del Comune di Chieri (ASCC), art. 6, par. 21, cart. 18, anni 1566-1592.

2.6. La criminalità

Le cronache giudiziarie del Cinquecento ci informano che risse, insulti, scorribande e persino omicidi erano molto frequenti. In ALLEGRA L, 1987 viene riportata la tabella seguente.

 

Reato Numero %
Aggressioni, liti, risse 277 46,95
Moneta falsa 5 0.85
Furto 51 8,64
Ingiurie, insulti 89 15,1
Lesa maestà, oltraggio 21 3,55
Minacce 48 8,13
Reati campestri 33 5,59
Vari 46 7,8
Omicidio 20 3,39
TOTALI 590 100

Per ulteriori commenti alla tabella, vedi ALLEGRA L, 1987, p. 220, La criminalità chierese: 1560-1580.

Un certo Stefano Collino fu ferito a morte da sconosciuti durante una rissa notturna il 6 giugno 1503. L’indagine effettuata su ordine del giudice delle cause criminali accertò luogo e modalità del delitto: il fatto era accaduto davanti alla chiesa di San Lorenzo, tra la chiesa, il pozzo e le mura vecchie del Comune (Via Avezzana ang. via Garibaldi). Stefano fu rinvenuto cadavere. Aveva una ferita sul lato sinistro del petto da cui aveva perso molto sangue. Il sostituto del giudice ordinò che fosse sollevato da terra e che lo si trasportasse a casa. Oddonino da Riva presso Chieri, definito “forestiero” in quanto residente in un’altra città, raccolte le testimonianze, fu condannato a pagare una multa di 60 lire per il solo porto abusivo di armi. ASCC, art. 114, par. 1, Atti criminali, cioè querele, denuncie, inquisizioni, constituti, esami, etc., del Vicario, e dei Giudici maleficii ossia Criminali di Chieri, vol. 17 [1503]

Nell’ottobre dello stesso anno, “in strata publica aput puteum Sancti Laurentii, cui coheret dictus puteus et nobiles fratres de Buschetis” (via Garibaldi, tra il pozzo di via Avezzana e il palazzo Buschetti), Oddone de la Capella fu aggredito da Michele e Antonio Meliani. I due brandivano una clava di legno ed un badile di ferro. Il malcapitato fu colpito alla mano destra “cum maximo dolore et debilitatione manus”.

Due atti delittuosi subì Antonio, servo dei fratelli Viteroti: l’ultimo gli fu fatale. Il 10 luglio 1508 un colpo di spada vibrato da Giovanni Dalmasso gli ferì due dita della mano mentre si trovava sulla strada pubblica (quasi certamente via Marconi) vicino alle mura vecchie e a San Lorenzo; fu ucciso qualche mese dopo, a breve distanza da San Lorenzo, sulla “strata publica aput Portam Moreti, cui coheret iura monialium Sancte Cateline” (via Garibaldi, ang. vic. Mozzo dei Bastioni).

Mentre stava riposando nel letto di casa sua, Secondino Galaverna, residente in Chieri, quartiere Albussano, contrada di San Lorenzo, fu svegliato da un forte strepito e da urla provenienti dall’abitazione di Caterina, moglie di Guglielmo Ballatore, sua vicina di casa. Prontamente intervenuto in soccorso della donna, il povero uomo fu assalito da 3 o quattro malviventi e gravemente ferito alla schiena e alle spalle da più colpi di spada. Il medico chiamato al suo capezzale, dispera di salvarlo a causa della grande fuoriuscita di sangue, del taglio della carne e della rottura delle ossa. La prognosi è riservata”. Interrogata dal Giudice la donna ha riferito di aver riconosciuto dalla voce e dalla statura l’aggressore, tal Tommaso di Santa Margherita soprannominato Gnata, abitante di Chieri. Costui aveva sfondato la porta e tentato di abusare della figlia. Assieme a certi altri 3 o 4 compagni armati, voleva sequestrarla, ma il pronto intervento di Secondino aveva impedito più gravi misfatti.

L’omicida di Secondino Galaverna, Tommaso di Santa Margherita, fu condannato a morte e i suoi beni furono sequestrati. A margine del verbale del processo (VEDI FOTO) è scritto: “Condemnamus dictum Thoma in amputatione capitis, ita quod anima ex corpore separetur. Et [ad] omnium bonorum confiscationem”. La testa doveva essere tagliata … in modo che l’anima si separasse dal corpo!

Adattamento da ASCC, art. 114, par. 1, vol. 29, Acta criminalia, 1523, luglio

Il 19 ottobre 1524 un tale Francescone Carmagnola abitante a Fossano, mentre stava percorrendo la strada che va alla Porta del Moretto, presso il pozzo di San Lorenzo, fu ferito al capo con grande fuoriuscita di sangue e rottura di ossa da due sconosciuti di cui uno aveva la “barba rubea” (rossa).

Cronaca giudiziaria tratta da F. FERRUA, Il Murè, storia e storie di un quartiere di Chieri, 2009.

3. Bibliografia ragionata

  • ALLEGRA L., Una citta di tessitori, in Chieri città del tessile tra fabbriche, macchine e prodotti, Torino, 1996, pp. 45-56
  • ALLEGRA L., La città verticale. Usurai, mercanti e tessitori nella Chieri del Cinquecento, Milano, 1987
  • ALLEGRA L., Oltre le fonti criminali: Chieri nel ‘500, in “Quaderni storici”, n. 49, 1982, pp. 265-274
  • ALLEGRA L., Chieri moderna, Assessorato per l’Istruzione, Chieri, 1985
  • ALLEGRA L., Risorse cerealicole e carestie a Chieri nel Cinquecento, in BSBS, anno LXXXIV, 1986, pp. 391-425 per l’Istruzione, Chieri, 1985
  • BIJNO M. e MORO M., Attività commerciali ed artigiane nella Chieri tardomedievale, in Chieri città del tessile tra fabbriche, macchine e prodotti, Torino, 1996
  • CHIRI PIGNOCCHINO E., La storia del tessile chierese nel XVI secolo, in Chieri e il Tessile. Vicende storiche e di lavoro dal XIII al XX secolo, Chieri, 2007, pp. 96-110
  • CIBRARIO L., Delle storie di Chieri (1831), p. 376-378, anche in https://archive.org/stream/bub_gb_3J2nguwrrd8C#page/n391
  • MIGNOZZETTI A., La vita dei Chieresi nel XVI secolo, in Chieri e il Tessile. Vicende storiche e di lavoro dal XIII al XX secolo, Chieri, 2007, pp. 91-95
  • MIGNOZZETTI A., Un secolo in tono minore: il Cinquecento, in Artisti nel duomo di Chieri, Chieri, 2007, pag., 37 sg.
  • NADA PATRONE A.M., Statuti dell’arte del fustagno di Chieri, Torino, 1966
  • NAVIRE M., L’ascesa di Emanuele Filiberto e la ricostruzione dello stato, in Il cinquecentesco Arco di Piazza, Chieri,2002, p. 31 sgg.
  • OLIVA G., Una decadenza durata cent’anni. Emanuele Filiberto e la restaurazione del dominio sabaudo, in I Savoia, 1998, pp. 147-228
  • ROTELLI C., L’economia agraria di Chieri attraverso i catasti dei secoli XIV-XVI, Milano, 1967, cap. IV sulla diffusione della masseria nel Cinquecento
  • VALIMBERTI B., Chieri al tempo di Emanuele Filiberto, celebrandosi il IV centenario della nascita del Duca, Torino, 1928 (estratto dal vol. CVI, BSSB)
  • VANETTI G., Appunti di storia del Piemonte, 3, Il Cinquecento, Chieri, 2013, p. 41 sgg.

 

Cinquanta anni di guerre
La ripresa artistica nel Cinquecento